MILANO (MF-NW)-La lettura dei numeri assembleari lascia poco spazio ai dubbi. L'assise di Mediobanca è stata una nuova sconfitta netta per il duo composto da Delfin e Caltagirone. All'appuntamento, come previsto, si è presentato un numero enorme di soci. Era rappresentato il 76,82% del capitale, record degli ultimi 10 anni.

Delfin era presente con il 19,74% del capitale, Francesco Gaetano Caltagirone con il 9,98%. Insieme erano appena sotto la soglia del 30% con un robusto 29,72%. Dalle votazioni finali si è poi appreso che la loro lista per il rinnovo del cda ha ottenuto voti dal 32,06% del capitale. Il che, facendo una semplice sottrazione, significa che sono riusciti ad attrarre il 2,34% del capitale non in loro possesso.

Come capitato un anno fa all'assemblea delle Generali Ass. le loro motivazioni hanno fatto poca breccia negli altri soci. Delfin e Caltagirone non hanno approfittato dell'occasione assembleare per spiegare ai soci, e alla comunità finanziaria presente, le loro motivazioni.

E' toccato all'amministratore delegato, uscente e poi confermato, Alberto Nagel rendere l'onore delle armi agli sconfitti. "Siamo ben contenti che Delfin partecipi al nostro cda e dia un contributo. Le voci critiche per noi sono salutari e utili", ha detto rispondendo alle domande dei soci in assemblea

"Ci sono stati due temi che hanno impedito di trovare un accordo", ha aggiunto. "Uno di carattere tecnico: sarebbe stato un accordo tra un cda e due azionisti con una partecipazione complessiva superiore alla soglia di opa". Inoltre si è registrata "una divergenza di vedute sui temi di governance soprattutto tra il consiglio e Delfin". "Non è stato un tema di 3, 4 o 5 posti. È stato un tema di impostazione e di tecnica", ha spiegato ancora Nagel.

L'occasione assembleare è servita anche per spiegare il motivo della perdita di centralità nella composizione di ricavi e utili della componente Investment Banking, un tempo core business della banca. L'andamento del Cib, ha ricordato "è legato a condizioni del mercato. I tassi di interesse e le turbolenze geopolitiche hanno abbattuto il numero delle operazioni. I private equity sono virtualmente spariti dal mercato. Tutte le società che fanno Cib hanno subito perdite". A soffrire maggiormente le società concentrate sulle operazioni più grandi, mentre Mediobanca, grazie a un focus anche su operazioni medie, ha sofferto meno.

Nagel ha ribadito che Mediobanca punta a essere una società di "Wealth Management a tutto tondo". La Mediobanca che era concentrata nella consulenza alle imprese, nel mercato dei capitali e nell'investimento di partecipazioni sarà sempre più marginale. E qui Nagel si concede un passaggio che ai cultori dell'ortodossia 'cucciana' suona come una critica nemmeno troppo velata a Vincenzo Maranghi, mentore di Nagel e del presidente Renato Pagliaro. Parlando della composizione del business Nagel ha sottolineato che "quel mondo che andava bene negli anni '70 e negli anni '80; già negli anni '90 andava cambiato. Noi lo abbiamo fatto negli anni 2000". Vincenzo Maranghi rassegnò le dimissioni da Mediobanca il 13 aprile del 2003...

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