B.Carige: quando la giustizia su temi bancari arriva a cose fatte (MF)
13 Outubro 2022 - 3:52AM
MF Dow Jones (Italian)
Marcello Clarich
*ordinario di Diritto Amministrativo Università La Sapienza
Il commissariamento di Banca Carige disposto dalla Banca
Centrale Europea nel 2019 continua a tenere impegnati i giudici
europei.
A fine settembre infatti il Tribunale di primo grado Ue ha
annullato la decisione della Bce di negare l'accesso richiesto da
Malacalza Investimenti, azionista di maggioranza della banca, a una
serie di documenti relativi al commissariamento (sentenza n.
552/2022). In quell'occasione il collegio ha rigettato la tesi che
certi documenti della Bce sono coperti da una presunzione di
riservatezza.Ieri, lo stesso giudice europeo ha annullato il
provvedimento di commissariamento emanato dall'Eurotower il 1°
gennaio 2019 e motivato in relazione al deterioramento della
situazione finanziaria di Carige (sentenza 12 ottobre 2022
T-502/19).
In questo caso, il ricorso al Tribunale europeo è stato proposto
da un singolo azionista e non anche dalla banca posta in
amministrazione straordinaria. Di fronte a un'eccezione della Bce,
la prima parte della sentenza è dedicata al tema se l'azionista è
legittimato a contestare un atto del quale non è destinatario
diretto. In realtà, secondo il Tribunale, anche il singolo
azionista subisce un pregiudizio perché il commissariamento lo
priva di alcuni poteri. Per esempio, quello di convocare
l'assemblea fissando l'ordine del giorno, di eleggere in assemblea
gli organi della banca, promuovere l'azione di responsabilità
contro gli amministratori.
Superata la questione processuale, la sentenza accerta l'assenza
di una base giuridica dell'atto impugnato che richiama due
disposizioni del Testo unico bancario di recepimento di una
direttiva (direttiva 2014/58). Il Tribunale ha rilevato un
disallineamento insuperabile tra le norme europee e quelle
nazionali.
Infatti, da un lato, la direttiva 2014/58 consente la nomina di
un amministratore temporaneo di una banca nel caso di un
«significativo deterioramento della situazione finanziaria» qualora
non sia sufficiente la misura meno invasiva della rimozione di uno
o più componenti dell'organo amministrativo (art. 28 e 29).
Dall'altro lato, il Testo Unico Bancario attribuisce alla Banca
d'Italia il potere di disporre lo scioglimento degli organi e di
nominare uno o più commissari in quattro casi tassativi (per
esempio, in caso di gravi perdite, art. 70). Nessuno di essi fa
riferimento esplicito al deterioramento della situazione
finanziaria. Quest'ultimo è invece previsto tra i casi nei quali la
Banca d'Italia può esercitare il potere di rimozione degli
amministratori (art. 69-octiesdecies, comma 1, lett. b).
Secondo il Tribunale, il disallineamento tra norme europee e
norme nazionali richiamate dal provvedimento impugnato non è
superabile in via interpretativa. La Bce ha provato a far leva su
un'altra norma europea secondo la quale la banca centrale
comunitaria, nell'espletamento delle proprie funzioni di vigilanza,
applica non solo «il pertinente diritto dell'Unione», ma anche, nel
caso delle direttive europee, la «legislazione nazionale di
recepimento di tali direttive» (art. 4, par. 3, del Regolamento Ue
n. 1024/2013). Secondo il Tribunale però, una volta che una
direttiva è recepita, la Bce può basare i propri provvedimenti solo
sulle norme nazionali. Queste cioè non possono essere integrate
facendo applicazione diretta e autonoma della direttiva già
recepita. Non è infatti consentito interpretare la disposizione del
Regolamento come «comprendente due fonti distinte di obblighi»
perché le direttive europee non possono creare obblighi diretti a
carico dei privati e dunque essere fatte valere nei loro confronti
da un'autorità amministrativa.
La sentenza non è definitiva perché può essere impugnata davanti
alla Corte di Giustizia Ue e non si sa se la Bce intenda attivarsi
in questo senso.In ogni caso, ove fosse confermata l'illegittimità
del provvedimento della Bce, si porrebbe ancora una volta la
questione dei tempi della giustizia anche europea. Intervenire a
cose fatte, nel caso di specie cioè a commissariamento concluso con
il risanamento di Carige e con la recente acquisizione da parte di
Bper Banca, lascia come strascico solo recriminazioni e forse
qualche azione risarcitoria tutta da costruire.
Non è la prima volta che ciò accade. Il caso che ha fatto più
clamore è quello della Banca Tercas, entrata in crisi nel 2013. Il
salvataggio reso possibile dall'intervento di salvataggio del Fondo
interbancario di tutela dei depositi è stato bocciato dalla
Commissione Europea nel 2015 perché operato in violazione della
normativa europea sugli aiuti di Stato. La giustizia europea ha
dato poi ragione allo Stato italiano che ha contestato la
decisione. Ma tra il giudizio davanti al Tribunale di primo grado
conclusosi nel 2019 e la sentenza definitiva della Corte di
Giustizia intervenuta nel 2021 sono passati quasi dieci anni.
Giustizia è fatta, ma - verrebbe da dire - resta un po' di amaro in
bocca. (riproduzione riservata)
glm
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October 13, 2022 02:37 ET (06:37 GMT)
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